Quante ne ha viste e sentite, la saletta al primo piano dell’hotel Ambasciatori a Mestre, con la sua moquette azzurrina e le poltroncine di ottone dal velluto rosso. Era la sala delle conferenze dei partiti della Prima Repubblica e adesso, su quella stessa moquette un po’ più sbiadita, il Movimento 5 Stelle con il candidato presidente Enrico Cappelletti lancia la sfida (impossibile?) al governatore leghista del Veneto Luca Zaia: «Noi sogniamo un Veneto migliore».

L’imperativo: rinegoziare tutti i contratti di project financing, a partire dalla Superstrada Pedemontana «che costa 2,258 miliardi e non si capisce perché i veneti ne debbano pagare 13». Idem per i contratti derivati. E con i soldi risparmiati rimettere in piedi l’Sfmr, la metropolitana di superficie, «un progetto di 30 anni fa, ma che era straordinario perché consentiva di spostarsi in tutta la regione interscambiando ferro e gomma. Valeva 6 miliardi, nel 2018 Zaia l’ha messo da parte, per noi va ripreso».

GLI SCENARI

In un caldo sabato di inizio estate, peraltro il primo senza la conferenza stampa quotidiana di Zaia dalla Protezione civile di Marghera («Dopo 126 giorni di conferenze stampa io vi inviterei allo sciopero», sorride ai giornalisti il ministro pentastellato Federico D’Incà, salvo subito precisare: «Era una battuta»), l’ex senatore Enrico Cappelletti scelto come candidato presidente della Regione dal popolo grillino, dice come cercherà di fronteggiare il più amato dei governatori d’Italia. Gli scenari non sono dei migliori: il M5s che nel 2015 con il padovano Jacopo Berti arrivò terzo (11,8%) dopo la dem Alessandra Moretti (22,7%), adesso è accreditato sul 7% (e c’è chi metterebbe la firma per non scendere sotto).

Sul palco ci sono il ministro D’Incà e tre dei quattro consiglieri uscenti: il veronese Manuel Brusco, la veneziana di Chioggia Erika Baldin (che era in lizza per Palazzo Balbi e non ce l’ha fatta per pochi voti), Berti che è l’unico a non ricandidarsi («Credo nei valori del M5s, la rotazione, il fatto che non debbano esserci professionisti della politica»), assente giustificato il trevigiano Simone Scarabel. In sala i parlamentari Orietta Vanin, Giovanni Endrizzi, Barbara Guidolin. Le liste provinciali sono pronte (Cappelletti correrà anche a Treviso), di sicuro non ci saranno alleanze con delle civiche («Il nostro regolamento lo consente, ma lo abbiamo escluso»).

LA STRATEGIA

La linea di attacco del M5s, partito di governo a Roma prima con la Lega e ora con il Pd, ma di opposizione in Veneto, l’ha delineata Cappelletti. Che prima si è presentato: 52 anni (stessa età di Zaia), padovano, sposato, due figli, laureato, master a Oxford, imprenditore della certificazione green, già senatore per il M5s dal 2013 al 2018, nessun cenno al passato (due candidature per la Lega nel Padovano alle Politiche 96 e 98, un mandato in consiglio di circoscrizione, nel 2019 a Roma nello staff del viceministro Vito Crimi). La strategia comunicativa? Addossare a chi ha governato negli ultimi vent’anni – Lega, Forza Italia, tutto il centrodestra – non solo le scelte amministrative, quanto le mancate decisioni. Ad esempio, l’inquinamento atmosferico: «Non si può dire che sia colpa di Zaia se viviamo nel catino padano, ma allora non può autorizzare l’inceneritore a Fusina». E via di seguito: non aver mosso un dito contro i project financing, non aver denunciato alla Procura come invece ha fatto il M5s la «malagestio» della Banca Popolare di VicenzaNoi presentavamo gli esposti e loro difendevano il management dicendo che Bankitalia non doveva fare i controlli»), non aver chiuso la Miteni per l’inquinamento da Pfas («L’attuale processo nasce dai nostri esposti e la Regione cosa faceva? Ci minacciava»). Proposte? Riconvertire gli 11mila capannoni vuoti, riprendere l’Sfmr. Con quali risorse? Con la rinegoziazione dei project financing.
Altri temi, il Mose per la salvaguardia di Venezia: «L’ipotesi che la manutenzione si faccia all’Arsenale non sta né in cielo né in terra», dice Cappelletti, ma, parola di ministro, «i soldi per finire il Mose ci sono». E l’autonomia? «Chiedete a Salvini perché non parla di autonomia quando va al Sud e qui da noi non parla del Ponte sullo Stretto di Messina. Io sono favorevole all’autonomia, ho ancora lo stampino del referendum e la speranza che venga realizzata in questa legislatura», dice Cappelletti. Il ministro D’Incà puntualizza: «Senza il coronavirus saremmo alla prima lettura della legge quadro alla Camera. Ma il percorso verrà ripreso nei prossimi mesi. E concluso». Se così fosse, qualcuno nel centrodestra potrebbe ringraziare.

Fonte: Gazzettino del 28/06/2020 – di Alda Vanzan

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